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Piccoli aeroporti italiani in crisi

Di tutti i piccoli aeroporti italiani, tutti con meno di un milione di passeggeri l’anno, tutti già sotto i limiti della sopravvivenza, solo tre si salvano in questo inizio 2009. Per gli altri è crisi. Nera. Meno voli. Meno merci. E soprattutto meno passeggeri. Da Ancona a Trieste Ronchi dei Legionari, da Parma a Perugia, da Rimini a Catania. Crotone, nel mese di gennaio rispetto a un anno prima, ha perso addirittura il 90% dei viaggiatori. Forlì, il 50%, ma i primi dati relativi a febbraio parlano di un meno 60. Calo su calo anche per Bolzano: meno 37,9 a gennaio, dieci punti in percentuale in più lo scorso mese.

Così da tre mesi, anche per il settore cargo. E solo qualcuno sta lentamente rialzando la testa. Colpa della crisi planetaria, della crisi di settore e della crisi della vecchia Alitalia che è andata ad innestarsi sulla recessione globale. In alcuni casi anche dalla concorrenza dell’Alta velocità. Almeno a sentire le società di gestione dei piccoli scali, per i quali anche la cancellazione (vedi Crotone) o l’attivazione (vedi Cuneo) di un volo va a incidere pesantemente sui bilanci dell’attività aeroportuale. Engelbert Ritsch è il presidente della Airport Bolzano Dolomiti. Il «suo» aeroporto ha perso il 13,5% di passeggeri nel corso dello scorso anno. Un dato che alcuni giorni fa ha motivato così. «Il 2008 — ha detto Ritsch al Corriere dell’Alto Adige — è stato l’anno in cui Alitalia ha interrotto l’accordo con la nostra compagnia di riferimento, Air Alps, sospendendo il volo Bolzano-Milano a marzo». Risultato: «I passeggeri sono scesi dagli 83 mila del 2007 ai 65 mila dello scorso anno ma, ottimizzando i costi di gestione, il risultato operativo è peggiorato di soli 100 mila euro, passando da uno a 1,1 milioni di euro. Il volo su Roma è passato dal 70 al 65% di occupazione dei posti». I primi dati di febbraio parlano di un ulteriore perdita di passeggeri: meno 47%. Ma i rapporti tra Air Alps e la nuova Alitalia-Cai fanno ben sperare nel proseguimento del volo Bolzano-Roma. Tratta per la quale è atteso anche il bando per il sostegno economico.

Segno meno anche davanti ai numeri dell’aeroporto di Trieste Ronchi dei Legionari: a gennaio meno 17% dei passeggeri. Lì il crac di Alitalia ha spazzato via i voli su Milano e Napoli e ridotto quelli su Roma. Tagli che, aggiunti ai «crediti» vantati dalla società di gestione sulla vecchia compagnia di bandiera, nei mesi scorsi hanno suscitato dure reazioni da parte del sindaco e presidente dello scalo Roberto Dipiazza: «Faremo contromosse con altre compagnie. Non sono più un patriota». A Parma di voli non ne sono stati tagliati. «Il volo per Roma c’è ancora, anche se in codeshare», dicono dalla Sogeap. Ma è bastato ridurre del 50% i posti («la tratta è garantita da un aereo più piccolo») e aumentare le tariffe («la commercializzazione è sempre di Alitalia) per far perdere allo scalo oltre il 6% dei passeggeri a gennaio e quasi il 19 a febbraio. Un calo che va a incidere, naturalmente, anche sui bilanci.

Doppia la lettura della crisi da parte della Seaf, la società che gestisce l’aeroporto di Rimini, la porta verso Est: «Da una parte, infatti, il crollo di passeggeri va ricondotto alla svalutazione del rublo e al calo dei turisti dall’Est. Ma solo da una parte». Perché dall’altra, ancora una volta, la crisi generale va a intrecciarsi con quella nostrana. «Il crac Alitalia è stato tale da creare una fortissima disaffezione tra i passeggeri. Ma dopo la crisi nera del 2008 si è passati a una situazione di incertezza». L’inversione di rotta sembra avviata: lo scalo di Rimini è passato da un meno 24,2% di gennaio a un meno 18. Stessa cosa per Ancona. O Brindisi: dopo i quattro voli tagliati a fine anno e il meno dieci per cento di passeggeri registrato a gennaio, febbraio avrebbe riportato il segno più.

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